Newsletter di aggiornamento in collaborazione con Amministrazione Rinzivillo realizzata da Il Sole 24 Ore
Con una recente sentenza la Corte di appello di Catanzaro, richiamando un precedente della Corte di Cassazione, ha ribaltato la decisione di primo grado con la quale era stata rigettata la domanda di annullamento della delibera assembleare approvata in sede di seconda convocazione, pur se nel rispetto della doppia maggioranza di legge.
La peculiarità della delibera consisteva nel fatto che il dissidente, da solo, era portatore della maggioranza delle quote millesimali contro la sola maggioranza dei condomini presenti in assemblea. La questione trattata ha posto il giudice del gravame di fronte ad un problema di interpretazione della normativa concernente le maggioranze necessarie per l’approvazione delle delibere assembleari.
Il Sole 24 Ore: il caso concreto in pillole
Una società condomina, proprietaria di immobile/i costituente/i un “residence”, impugnava, per nullità e/o annullabilità, una delibera assembleare approvata con la maggioranza regolamentare dei partecipanti ma non dei millesimi (l’attrice, che aveva espresso voto contrario, era titolare di quote pari a 600 millesimi) necessari per il raggiungimento del quorum deliberativo.
In particolare, la delibera, che riguardava la decisione di affidare ad un tecnico l’incarico di valutare la stabilità e la sicurezza di un muro di sostegno sito all’interno del “residence”, rappresentava – secondo l’attrice – una innovazione ai sensi dell’art. 1120, comma 2, cod. civ. o, comunque, attività straordinaria, da assume- re con le conseguenti maggioranze di legge (art. 1136, comma 2, cod. civ.).
Il Tribunale, non ravvisando violazioni di legge, rigettava la domanda. Per contro, la Corte di appello accoglieva il gravame pro- posto dalla soccombente, motivando la propria decisione con una interpretazione dell’art. 1136, comma 3, cod. civ. per effetto della quale tale norma deve essere intesa nel senso che il valore di un terzo (questo, infatti, era stato il quorum deliberativo) «va inteso come soglia minima per deliberare, ma non è valido se (come nel caso di specie) coloro che hanno votato contro l’approvazione rappresentano un valore proprietario maggio- re rispetto a coloro che hanno espresso voto favorevole»
Il Sole 24 Ore: la motivazione della Corte di appello
La Corte di appello è partita dalla considerazione che l’art. 1136 cod. civ., così come gli artt. 66 e 67 disp.att. cod. civ., hanno introdotto in ambito condominiale il principio in- derogabile del criterio maggioritario per l’approvazione delle delibere assembleari, con l’unica eccezione determinata dalla necessità che, per specifici casi, è richiesta l’unanimità dei consensi.
Il tutto come risulta rispettivamente dagli artt. 1138 cod. civ. e 72 disp. att. cod. civ. Il principio maggioritario esige, quindi, la sussistenza di un doppio quorum: per teste e per quote, assumendo così rilevanza sia l’elemento personale che quello reale, in quanto espressione dei millesimi di proprietà.
Per la validità delle deliberazioni assembleari, che in seconda convocazione richiedo- no un numero di voti che rappresenti il terzo dei partecipanti al condominio ed almeno un terzo dell’edificio, non si può prescindere dalla sussistenza di entrambe le condizioni, con la conseguenza che per una delibera regolare occorre anche che i condomini, che hanno votato in modo contrario, non devono rappresentare un valore proprietario maggio- re rispetto a coloro che abbiano votato a favore.
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